Foto di copertina di Marco Albertini
OBIETTIVO AUTUNNO
Sabato 30 Ottobre – Domenica 1° Novembre 2015
di Marco Albertini
SABATO 31 OTTOBRE
Per questo fine settimana dedicato alla fotografia in Natura ho scelto un luogo a me molto caro: il Santuario della Madonna del Faggio, situato nel versante destro della Valle del Baricello, nell’Alto Appennino bolognese, in prossimità del confine con la Toscana ed adiacente al Parco Regionale Corno alle Scale.
Conosco più che bene la zona perché da alcuni anni ho una seconda casa nel paese di Monteacuto delle Alpi, sul versante sinistro di questa boscosa e solitaria vallata; spesso mi reco lassù, a circa 1000 m di quota, per rilassarmi, godermi la tranquillità, il silenzio e la luce della montagna. Amo anche vagabondare, a volte senza una meta precisa, lungo uno dei tanti sentieri che attraversano quei rigogliosi e fitti boschi attorno all’antico borgo medievale.
Un giorno di settembre, a seguito dei contatti telefonici intercorsi con William, un anziano ma vispo signore che dal 2006, come volontario, gestisce, cura e sovraintende il buon funzionamento del Santuario, ho prenotato, per il fine settimana di Halloween, i locali che si trovano nel retro della struttura. Questi infatti possono essere concessi in autogestione a chi ne fa preventiva richiesta; tali ambienti consistono in un’ampia stanza con un grande camino, la cucina molto ben fornita, il bagno spazioso fornito di doccia con acqua calda (elemento non scontato…) e due camerate con letti a castello.
A livello storico, proprio in questi ambienti ha vissuto, fino a metà degli anni ’60, il “romitto”, ossia il custode di questo luogo di culto tanto amato dai montanari della zona (ma non solo).
Egli viveva di poco: aveva a disposizione un piccolo orticello, qualche animale…e riceveva la generosa elemosina che la gente del posto gli donava quando lo andava a trovare, o quando egli andava a fare loro visita, a piedi, di monte in monte, di borgo in borgo.
Immerso in questa suggestione di vita di altri tempi, molto lontana dalla mia quotidianità, arrivo al Santuario il venerdì pomeriggio per preparare i letti, cucinare qualcosa per il giorno dopo e raccogliere della legna per il camino.
Tutti gli altri partecipanti giungono sabato mattina, un po’ alla spicciolata ma comunque in tempo utile per il pranzo che si consuma verso le 13 all’interno della sala da pranzo con il cammino acceso in mattinata. All’esterno infatti il tempo atmosferico non consente di mangiare all’aperto nel bosco, colorato di giallo, verde, rosso e tante altre sfumature cromatiche.
Nonostante il clima gradevole e parzialmente soleggiato, la valle è, così come in generale tutto l’anno, parecchio umida e fresca, data la sua esposizione a Nord del crinale tosco-emiliano.
Il Santuario stesso è nascosto, anzi, proprio sommerso dai faggi circostanti, quindi solitamente è necessario vestirsi in modo adeguato per non avere freddo, anche in estate, anche con il sole alto nel cielo completamente azzurro.
A lato dell’edificio religioso scorre il Rio della Madonna o Torrente Scorticatoio, che interrompe con il suo mormorìo il quieto silenzio altrimenti presente. Provenendo dall’ampio e comodo sentiero sterrato dove sono state lasciate le auto, si oltrepassa questo corso d’acqua servendosi di un suggestivo ponte in sasso, molto ben realizzato da antiche e sapienti mani ponendo, con opportuna perizia, una pietra sull’altra.
Poco più a valle di questo ponte, il Rio della Madonna si immette nel Torrente Baricello per proseguire la sua corsa e confluire nel Torrente Silla, affluente di sinistra del Reno, e continuare così il suo viaggio verso Bologna e il Mare Adriatico.
Dopo pranzo, approfittando delle poche ore di luce rimanenti, ci siamo recati a visitare un vicino castagneto ancora ben conservato e mantenuto; qui abbiamo conosciuto la proprietaria Aldina, intenta con il marito a raccogliere le castagne, pulire il sottobosco e mettere ordine all’interno del loro “casone”.
Il casone è quell’edificio in pietra, su due piani, adibito all’essicazione delle castagne, prima della loro sbucciatura e macinazione presso uno dei tanti mulini che un tempo erano in funzione nella zona per ottenere la farina di castagne, principale elemento nutritivo delle popolazioni di montagna fino a pochi decenni fa.
Certo, ora le cose sono cambiate parecchio, però in qualche modo il fascino di questi tempi (non poi così) antichi pervade ancora l’atmosfera, l’aria ne è ancora impregnata…almeno, questo è quello che percepisco in questi momenti.
Questo casone, detto di Policarpo dal nome del vecchio proprietario, non è più in funzione ormai da diversi anni, tuttavia Aldina e il marito continuano a curare il luogo raccogliendo le castagne che poi gentilmente vendono ed offrono a chi, come qualcuno del gruppo, le vuole mangiare.
Quando si dice….cibo a km 0!!
Al cospetto dei grandi, secolari e maestosi castagni, alcuni dei quali cavi al loro interno, Aldina ci racconta diversi aneddoti della sua vita di montagna, mentre tutti offriamo il nostro ascolto attento e curioso.
Più tardi, parte del gruppo scende al sottostante Mulino della Squaglia, nell’alveo del torrente Baricello, per soddisfare la propria voglia di curiosità di vedere dal vivo questa antica struttura più volte citata da Aldina; esso tuttavia non è più in funzione in quanto è stato trasformato in abitazione privata.
Gli altri componenti restano nel castagneto per scattare ancora le ultime foto con la poca luce ambientale residua, dato che il sole è già tramontato dietro quel crinale alla cui estremità si erge Monteacuto delle Alpi.
A questo punto non resta che rientrare, tutti quanti, al Santuario per scaldarci un po’ le membra intorpidite con una tisana bollente e qualche succulenta castagna. Eccoci quindi consumare questo spuntino pomeridiano davanti al camino, in attesa di preparare insieme la cena con ciò che ognuno di noi ha portato con sé da casa, sia di cucinato che di comprato.
La serata si prefigura (anzi, poi si rileverà!) come un momento di grande condivisione, fonte di aggregazione ed allegria nonché di goliardiche risate all’interno di un clima di leggerezza e convivialità, favorite dalla combinazione congiunta di compagnia e buon cibo.
Ecco quindi: chi cucina, chi apparecchia, chi cuoce castagne sul fuoco, chi le sbuccia e se le mangia, chi chiacchiera, chi si rilassa davanti al camino. “Ad ognuno il suo!”, mi viene da pensare.
Tutti si adoperano per essere utili, oltretutto noto come in poche ore si sia creata questa piccola comunità umana che trascorre piacevoli momenti insieme, e nel fare questo sta bene e si diverte.
E così, la cena è pronta verso le 20, non resta che mettersi a tavola, quindi…buon appetito!!
Polenta ai formaggi, salumi, lenticchie, broccoli e zucchine, dolci….c’è di tutto e ce n’è per tutti! E c’è anche un po’ di vino, per scaldare il corpo e lo spirito…
“Con una cena così, stanotte dormirò di sicuro!”, penso.
Prima di andare a letto c’è tempo per alcune letture di racconti davanti al camino, in un’ atmosfera di grande intimità e calore;
poi alcuni di noi compiono una breve quanto intensa ed emozionante camminata notturna nel bosco, lungo il torrente, in un buio denso e carico di energia, quell’energia che percepisco quando sono nel bosco, di notte.
Giunta mezzanotte, un po’ come Cenerentola…tutti a nanna per il meritato riposo!!
DOMENICA 1° NOVEMBRE
Ci svegliamo con calma, verso le 8, poi ci troviamo a fare colazione davanti al (solito) camino, da me acceso un’ora prima, infatti già dalle 7 sono in piedi per scaldare l’ambiente.
Successivamente, prepariamo il pranzo al sacco e ci apprestiamo a partire per la camminata che ci porterà, in poco meno di un’ora, al borgo di Tresana.
Prima della partenza, tuttavia, con grande sorpresa, Roberto, arrivato in mattinata insieme a Simona, ci informa che ha trovato il geotritone!
Il suo entusiasmo è giustificato dal fatto che si tratta di un piccolo anfibio molto raro e, per questo, protetto dalla legislazione vigente; esso vive in prossimità di torrenti e zone umide negli ambienti di sottobosco e risulta difficilmente avvistabile perché vive nascosto tra sassi, rocce o tronchi vecchi.
In questa occasione possiamo quindi sperimentare alcune tecniche di macrofotografia, dato che la sua lunghezza non supera i 5-6 cm.
Dopo questo avvistamento, soddisfatti e contenti, ci incamminiamo verso Tresana lungo un comodo sentiero che sale gradualmente di quota attraversando un altro castagneto, questo però ormai, purtroppo, in stato di abbandono da parecchio tempo.
Il sole filtra tra le foglie rossastre dei castagni e gialle dei faggi, l’aria è limpida e frizzantina, in cielo nemmeno una piccola nuvola…una giornata perfetta dal punto di vista climatico!
Non possiamo che giungere a Tresana con il sorriso sui volti!
Questa borgata rimane sul versante destro della Valle del Baricello, dal lato opposto ma a circa la stessa quota di Monteacuto delle Alpi, che si staglia all’orizzonte con alle sue spalle la catena di monti che culmina con il massiccio del Corno alle Scale, vetta più alta della provincia di Bologna con i suoi 1944 m.
Appena arrivati, ci accoglie a braccia aperte e con il viso sorridente Valerio, insegnante di elettrotecnica ora in pensione che conosco da diversi anni. Egli mi racconta spesso, con grande passione e trasporto, le sue storie e i suoi racconti su ciò che ha vissuto in questo posto dove è nato nel secondo dopoguerra e dove trascorre metà del suo tempo, quando non è a Bologna.
Daria, moglie di Valerio, ci invita calorosamente a visitare la loro casa, a rifocillarci con qualche snack e a scaldarci davanti alla stufa accesa, ma la maggior parte del gruppo preferisce rimanere fuori e sedersi al sole, consumando il proprio pranzo al sacco in stile pic-nic.
Nei paraggi ci imbattiamo poi in Valeria che abita in un’altra casa di Tresana molto affascinante, in quanto al suo interno ci sono molti oggetti di uso agricolo, attrezzi indispensabili per il faticoso lavoro nei campi.
Per questo motivo, la sua è una casa-museo che merita, su suo invito, una visita approfondita, un’occasione che non si lasciano scappare i più curiosi di noi.
Ai piani superiori ci sono alcune stanze da letto (ognuna diversa dall’altra e, quindi, ognuna bella a suo modo) che vengono affittate per periodi più o meno lunghi, spesso anche da turisti stranieri, in particolare olandesi, dice Valeria.
Durante la pausa-pranzo, ognuno viene lasciato libero di dedicarsi a ciò che più gli piace: dormire su una panchina, fotografare funghi (se ce ne sono…), ascoltare le storie di Valerio, visitare il suo castagneto, o semplicemente sedere ed ammirare il paesaggio circostante, con l’autunno vero protagonista della giornata.
A tal proposito, mi colpiscono particolarmente alcune lettere e numeri incisi su dei sassi utilizzati nei muri esterni di due case di Tresana. La prima scritta è “F.F.A.L. L.1899”, la seconda “P.F.&.F.F.F. L.1906”. Valerio, notando la mia perplessità di fronte a tali scritte, mi viene in soccorso spiegandomi che sono le “firme” delle persone che hanno costruito le case nei relativi anni. Quindi “F.F.A.L. L. 1899” sta per “Fece Fare Adeodato Lancillotto L’anno 1899”, “P.F.&.F.F.F. L.1906” invece sta per “Pranzini Francesco & Fratelli Fecero Fare L’anno 1906”.
Mistero svelato, mi sento più…tranquillo!
Prima di rientrare al Santuario lungo lo stesso sentiero per recuperare le nostre valigie così da tornare alle macchine ed avviarci verso valle, c’è tempo per una foto di gruppo davanti ad un vecchio, secolare castagno che, secondo Valerio, può avere diverse centinaia di anni-fino, forse addirittura 500. Al suo interno, cavo, ci possono stare in piedi comodamente 2-3 persone.
Valerio stesso ha realizzato un piccolo ed amabile altarino in legno di castagno che vi posiziona in estate, ma che toglie quando arriva la cattiva stagione per preservarlo dalle intemperie.
La sensazione che ho provato nello stare “dentro” quell’albero mi rimanda a quella che provo quando sono in un ambiente sicuro e accogliente.
E con questo stato d’animo ritorno, con tutti gli altri amici fotografi, verso il Santuario, a conclusione di due giorni trascorsi molto piacevolmente in loro compagnia in ambienti a me molto cari.
Appunti di Viaggio
Di Renato Rubbini
Inizio la mia mini-relazione sul fine settimana trascorso tra i boschi di Madonna del Faggio con questa affermazione: “E’ andata bene!”
Io sono la dimostrazione vivente che anche un cittadino, nato e vissuto sempre in città, che si veste in boutique di Via D’Azeglio, con orologio di marca al polso, che calza Clark Original in autunno, che respira abitualmente polveri sottili, che rifiuta di dormire in alberghi con meno di quattro stelle e che, come sforzo massimo, sale la scalinata del Pincio, si possa adattare a situazioni “estreme” come quelle vissute nel week end trascorso nel Santuario della Madonna del Faggio!
Cito quindi le prove “estreme” che ha dovuto affrontare il suddetto cittadino:
A) Il tragitto dal parcheggio auto al Santuario ha messo a dura prova la tenuta fisica del cittadino carico come Bonatti nell’ultimo tratto della salita del K2.
B) Il cittadino si era portato cibarie che gli ricordavano i sapori della sua città: salame Felino, maccheroncini al ragù bolognese, insalata di pollo, risotto di pesce, scaglia di parmigiano reggiano, due bottiglie di vino di media qualità ed altre delizie gastronomiche. L’incauto cittadino si è trovato a fronteggiare una moltitudine di persone vegetariane, vegane e con altre esigenze legate all’alimentazione, che si cibavano di zucchine, di insalata, cipolle ed altri vegetali di provenienza biologica, bevendo tisane calde al posto del Sangiovese. E’ stato quindi costretto, gioco forza , assieme ad un esiguo numero di commensali (carnivori e quindi “sani”…), a mangiare quasi di nascosto e semi isolato dal resto del gruppo. Al cittadino gli è stato pure “estorto” che la polenta biologica con sugo macrobiotico era una bontà!!!
C) Il cittadino per dormire si è servito di uno strano sacco a pelo a forma di sarcofago acquistato all’uopo. Si è coricato in una fredda camerata con 8 letti a castello, con la cucitura della lampo del suo sacco a pelo alla sua sinistra e si è svegliato con la stessa alla sua destra. Esperienza che difficilmente potrà dimenticare.
Nonostante tutto questo però, posso e voglio dire che trascorrere il fine settimana con questo fantastico gruppo di ragazzi e ragazze, condividere con loro sia i momenti di partecipazione attorno al camino, mangiando caldarroste ed ascoltando le letture di Marco e Debora, sia camminando tra i boschi e godendo placidi momenti di ozio al caldo sole in quel di Tresana, è stata una gran bella esperienza, che mi ha arricchito sotto tanti punti di vista e che mi sono riportato nella mia vita quotidiana in città.