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Serata con ospite

Il reportage fotografico con Giulio Di Meo – 15 aprile 2015 ore 21

Il con
mercoledì 15 aprile 2015 ore 21
in via Sanzio 6 a Bologna.

Durante la serata parlerà del suo modo di intendere il reportage attraverso una del quotidiano, che non “urla”, che non alza la voce. Una fotografia che prova a stare sopra le parti e mai sopra le righe; una fotografia che cerca di informare e, al tempo stesso, di realizzare azioni concrete attraverso il sostegno a progetti sociali nelle realtà documentate.
Durante la serata saranno presentati gli ultimi libri fotografici dell’autore: Pig Iron (2013), un libro sulle gravi ingiustizie sociali e ambientali commesse dalla multinazionale Vale in Brasile; Sem Terra: 30 anni di storia, 30 anni di volti (2014), una raccolta di ritratti per celebrare i trent’anni del Sem Terra e per raccogliere fondi per la Scuola Nazionale Florestan Fernandes; Il deserto intorno (2015), un racconto fotografico sulla vita nei campi profughi Saharawi, un libro per sostenere l’associazione delle famiglie dei prigionieri e desaparecidos Saharawi (AFAPREDESA), che arriverà a Maggio 2015.

Inoltre, l’autore mostrerà alcuni dei suoi lavori su Cuba, Camerun, Brasile, Siria.

Giulio Di Meo (Capua, 1976) è un italiano impegnato da più di dieci anni nell’ambito del reportage e della didattica. Organizza incontri e di sociale e di street, in Italia e all’estero, e laboratori per bambini, adolescenti, immigrati e disabili per promuovere la fotografia come strumento di espressione e di integrazione. freelance, porta avanti i propri progetti in modo indipendente, non lavora né per agenzie, né per riviste. Fondatore del collettivo Workshophotolab e redattore di Witness Journal, prima rivista di fotogiornalismo online in Italia. Collabora con diverse e ONG, in particolar modo con l’Arci, con la quale dal 2007 organizza di in diverse realtà del Sud del mondo (Brasile, Camerun, Cuba, Saharawi). Crede nella fotografia come strumento per informare e denunciare, come mezzo di cambiamento personale, sociale e politico. “È questa la mia fotografia, quella che amo e che mi piace definire sociale: una fotografia fatta di lotta, rabbia, indignazione ma anche di amore, passione, speranza…una fotografia impregnata da un’intensa umanità”.
È convinto che il reporter non può limitarsi solo a informare ma deve agire concretamente, impegnandosi nelle realtà che documenta.

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