di Enrico Rovelli
Il promontorio del Gargano, esteso per circa 70 km nella parte settentrionale della Puglia, rappresenta per molti versi un ambiente a sè.
Difatti, essendo proteso sul Mare Adriatico, isolato dalla catena appenninica e libero da protezione su tutti i suoi versanti, gode di un ambiente naturale del tutto peculiare e particolare.
Nei tempi antichi tutto il promontorio era riccamente coperto di foreste di querce e faggi, sembra che i boschi ricoprissero circa 40.000 ha di superficie, ma già al tempo dei romani lo sfruttamento forestale ed il dissodamento procurato per il pascolo degli armenti aveva intaccato l’originaria compattezza del manto forestale.
Attualmente, il grande complesso forestale del Gargano non si presenta più unico, ma appare suddiviso in almeno tre grandi nuclei, di cui quello compreso più orientale è il più vasto.
All’interno di questo nucleo è presente la Riserva Statale Foresta Umbra, estesa per soli 399ha, ma racchiudente le zone forestali più integre e selvagge.
Le foreste del Gargano sono costituite da diverse specie di alberi,
diversamente diffusi in base a diversi parametri ecologici.
Lungo la costa e soprattutto nelle zone meno fertili e più rocciose cresce diffusamente il pino d’aleppo (Pinus halepensis), associato sempre al leccio (Quercus ilex) ed alle specie tipiche della macchia mediterranea.
Le pinete di pino d’aleppo raramente costituiscono boschi originari, cioè primari.
In genere rappresentano la fase di ricolonizzazione di foreste di latifoglie, principalmente leccete, degradate da tagli ed incendi oppure in aree pascolive abbandonate.
Solamente nelle zone molto accidentate e lungo le coste, soprattutto nella parte meridionale del promontorio, si possono considerare come specie primarie.
Per questo motivo, il pino d’aleppo possiede oggi una diffusione che è superiore al suo potenziale ed i recenti incendi del 2007 nell’area Peschici/Vieste preludono ad una ulteriore espansione della pineta nei prossimi decenni.
Non molto rappresentata è la lecceta, specie molto apprezzata per l’ottimo carbone che si ricava dal suo legno.
La lecceta è stata facilmente ridimensionata dagli incendi e dal pascolo ed al suo posto spesso si riscontrano boschi misti con pino d’aleppo, carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus) e roverella (Quercus pubescens).
Nei distretti più fertili si è insediato anche il cerro (Quercus cerris), cui spetterebbero ambienti più freschi ed umidi, quali quelli che si riscontrano alle quote superiori e lungo il versante meridionale del massiccio, dove la minore piovosità impedisce alla faggeta di discendere.
Le cerrete sono molto diffuse nel piano sottostante la faggeta, in genere tra i 250 ed i 500m, ma anche queste sono sovrastimate in quanto tendono ad occupare lo spazio lasciato libero dal faggio quando questo viene tagliato in maniera troppo incisiva.
Le cerrete più belle sono quelle che si incontrano lungo la strada Vieste/Foresta Umbra, tutte allevate ad alto fusto e spesso miste al faggio già a partire dai 250m.
In molti valloni più umidi, nella fascia di transizione tra la cerreta e la faggeta crescono copiosamente anche altre specie forestali cosiddette “minori”, come il tiglio (Tilia cordata) e l’acero (Acer obtusatum).
Esemplari molto belli si possono osservare lungo la strada forestale degli “Sfilzi”.
Al di sopra di tutte queste formazioni forestali regna il faggio (Fagus sylvatica), in formazioni estese, compatte e spesso vetuste.
Quello che desta sorpresa è la quota di vegetazione di questa specie, altrove presente a quote ben più elevate.
Sul Gargano, le faggete pure iniziano anche a soli 350m, contro una media di circa 800-1000m del resto dell’Appennino.
Come mai avviene questo ?
I motivi sono diversi, ma questi sono riassumibili in tre elementi sinergici principali: la storia, la posizione geografica (e quindi il clima) ed il substrato geologico.
Storia:
perdurante unità del comprensorio sotto un unico proprietario e successivo accorpamento nel Demanio Statale;
Geografia:
proiezione del promontorio all’esterno della linea ideale di costa adriatica con conseguente intercettazione delle correnti umide provenienti dai quadranti nordoccidentali e sudorientali;
Geologia:
substrato calcareo ottimale per la crescita del faggio, con ottimi suoli forestali derivati.
Non è un caso se la faggeta si estenda principalmente nella parte più esterna del Gargano, limitando la sua presenza alle zone più elevate della parte più interna (Monte Spigno).
E’ comunque certo che, in assenza di impatto antropico, la faggeta sarebbe stata molto più estesa ed i tre nuclei attualmente esistenti (Umbra, Spigno, Ischitella) sarebbero stati uniti in un unico grande complesso forestale.
La faggeta meglio conservata è, naturalmente, quella di proprietà demaniale regionale, ex Demanio dello Stato.
Infatti, in questo settore è stata conservata la forma di allevamento del bosco ad alto fusto, con esemplari di faggio e cerro di ragguardevoli dimensioni.
Il ‘gigante’ della foresta è un faggio alto circa 40mt e del diametro di quasi due metri.
Tuttavia, dispersi nel bosco si incontrano moltissimi faggi e cerri di dimensioni quasi monumentali.
Soprattutto attorno alle doline e nei tratti dove il suolo è maggiormente fertile e ricco di elementi nutritivi la faggeta si esprime pienamente: fusti colonnari, dritti come fusi, piante altre oltre 35 metri, spesso frammiste ad altre latifoglie, altrove rare, come altissimi tigli e aceri.
Eccezionale è la struttura della faggeta all’interno della particella ‘Pavari’, una piccola sezione di bosco risparmiata dai tagli per motivi di studio e dedicata ad un famoso forestale italiano della prima parte del XX secolo: Aldo Pavari.
All’interno di questa minuscola Riserva Integrale (5 ha) il bosco ha seguito la sua naturale evoluzione.
La maestosità della faggeta qui raggiunge tutta la sua potenzialità, con gruppi di alberi vetusti ed altri più giovani distribuiti in maniera del tutto casuale.
Notevole anche la presenza di una ricca avifauna che si nutre degli insetti che vivono all’interno degli alberi morti ed in via di decomposizione.
La Foresta Umbra è nota anche perché ospita colonie di tasso (Taxus baccata) fra le più ricche dell’intera Nazione.
Particolarmente rilevante è l’età di questi alberi di tasso, che sembra raggiungano anche i mille anni.
Si tratta di alberi molto vecchi, di dimensioni elevate, con diametri che raggiungono il metro ed altezze che superano talvolta i 20mt.
Addentrarsi nella foresta ed incontrare simili colossi vegetali è un’esperienza unica.
In Italia non esistono altri luoghi dove sia possibile ammirare alberi di tasso di simili dimensioni, tranne qualche raro caso nelle leccete sarde, oppure isolati esemplari presenti nelle ville storiche del settentrione (Ravenna).
Il tasso si trova quasi sempre nelle zone meno fertili ed attorno le doline, ovvero nelle zone più scomode per l’esbosco.
I grandi tassi che oggi troviamo ancora dispersi nel bosco rappresenta solamente le vestigia di antiche foreste, un tempo più ricche e più estese, nelle quali i tassi erano molto più numerosi ed imponenti.
Non è difficile pensare che all’iterno delle faggete garganiche il tasso, ma anche altre specie normalmente meno presenti (aceri, tigli) raggiungessero dimensioni davvero colossali.
Reportage in collaborazione con:
Ida Natale